E intanto è andata in onda una nuova, questa.
Ed eccoci di nuovo a Mai più soli, il piccolo box parapsicologico di Flatlandia in cui Kurt Vonnegut ci porta a passeggio nell’alto dei cieli. Non proprio a passeggio, no?, ma forse ve lo ricordate, tramite un telefono speciale, lo Hooligan. Alcuni mi hanno chiesto, dopo la puntata scorsa (in cui avevamo incontrato David Foster Wallace) come si fa a costruirlo. Be’, la cosa più difficile è procurarsi una buona colazione e un acceleratore di particelle, ma a questo ci hanno pensato gli svizzeri.
Insomma, mercoledì scorso Kurt stava guardando una partita a Mah-hong un po’ disturbata dagli schiamazzi di Haider, che era ancora leggermente ubriaco, e a un certo punto è stato avvicinato da un ragazzo. Il ragazzo aveva saputo che lui parlava a una radio in Italia, e voleva chiedergli se poteva mandare un messaggio. “Certo”, ha detto Kurt.
“Grazie”, ha detto Abba.
Quel ragazzo si chiama Abdul Salam Guibre, era un italiano originario del Burkina Faso, aveva diciannove anni, ed è morto poco più di un mese fa all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Kurt non conosceva la vicenda, e gli ha chiesto come è morto. Ecco cosa ha risposto Abba: “Sono stato ammazzato a colpi di spranga da due uomini, perché erano convinti che avevo rubato dei biscotti. E quegli uomini si chiamano Fausto e Daniele Cristofoli”.
Kurt gli ha chiesto se era a loro che voleva mandare un messaggio. “Oh, no”, ha risposto Abba. “A loro non ho proprio niente da dire”.
No, voleva parlare un po’ della manifestazione che c’è stata a Milano il 20 settembre, in sua memoria, e contro il razzismo. Ne è stato molto commosso, ha detto. Ha anche detto che gli è dispiaciuto non aver conosciuto di persona quasi nessuna delle migliaia di persone che ripetevano il suo nome, ma che era certo che se lo avessero incontrato in metropolitana non avrebbero cambiato vagone.
“È già qualcosa”, ha detto Kurt.
“Qualcosa, sì”, ha detto Abba.
Kurt gli ha chiesto se anche a Milano, come in certe parti del suo paese, ci sono molte persone che a casa hanno le federe dei cuscini con i buchini per gli occhi. Abba non lo sapeva, ma credeva di no. “Sai, Kurt, da noi”, gli ha detto poi, “non serve mascherarsi.”
E insomma, il messaggio di Abba era per i giudici e i giornalisti. Ha saputo che c’è stata un po’ di confusione, che molti avevano protestato perché all’omicidio non era stata data l’aggravante della motivazione razziale. Secondo lui hanno fatto bene, a non dargliela. Ha spiegato che “negro di merda” gliel’hanno urlato solo dopo averlo bastonato, e non prima.
“Sì, e poi”, ha chiarito Abba, “a quanto ho capito non sono razzisti, sono brave persone. Dei razzisti mi avrebbero ucciso per il colore della mia pelle. Loro no. Loro mi hanno ucciso a sprangate perché avevo rubato dei biscotti. Mica sono razzisti. Sono brave persone.”
Ecco, è tutto. Qui Vincenzo Latronico, al telefono con Kurt Vonnegut, dall’aldilà.
Sì, è proprio tutto.